A cura di: redazione
Roma celebra la creatività delle donne pittrici, troppo spesso relegate in un angolo o rese invisibili nei secoli passati, con una mostra promossa da Roma Capitale, Assessorato alla Cultura – Sovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali, sotto la cura di Ilaria Miarelli Mariani (Direttrice della Direzione Musei Civici Sovrintendenza Capitolina) e di Raffaella Morselli (Professoressa ordinaria Sapienza Università di Roma), con la collaborazione di Ilaria Arcangeli (Ph.D Università di Chieti Gabriele D’Annunzio).
L’esposizione è stata organizzata da Zètema Progetto Cultura che con il catalogo Officina Libraria, propone ben 130 opere a firma di cinquantasei diverse artiste, “attive in città stabilmente – chiariscono dall’organizzazione – o per periodi più o meno lunghi, partendo inizialmente dalle collezioni dei Musei Civici della Sovrintendenza Capitolina (di cui si espongono circa cinquanta opere provenienti dalla Galleria d’Arte Moderna, dal Museo Napoleonico, dalla Pinacoteca dei Musei Capitolini e, soprattutto, dallo stesso Museo di Roma), per poi collegarsi a quelle di molti altri musei e collezioni nazionali e internazionali, tra cui Accademia di San Luca (Roma), Accademia di Brera (Milano), Gallerie degli Uffizi (Firenze), Pilotta di Parma, Musei Reali di Torino, National Portrait Gallery (Londra) e il Museo Thorvaldsen (Copenaghen)“.
Artiste sottovalutate se non del tutto ignorate, queste fantastiche creative, hanno visto spesso le proprie opere attribuite impropriamente ad artisti uomini o a loro familiari e, purtoppo, poco ci è rimasto di loro a livello documentale, proprio a causa della loro invisibilità culturale. Ecco perchè è stato svolto un lungo lavoro di ricerca negli scorsi decenni, ricerche volte a reperire documenti, quanto preziose opere, incautamente dimenticate o volutamente lasciate in depositi vari, come è accaduto alle tele di Maria Felice Tibaldi Subleyras, Angelika Kaufmann, Laura Piranesi, Marianna Candidi Dionigi, Louise Seidler ed Emma Gaggiotti, Lavinia Fontana, Artemisia Gentileschi e Giovanna Garzoni, Giustiniana Guidotti, Ida Botti o Amalia De Angelis ed ancora a molte altre.
“Il percorso, cronologico e tematico – raccontano i curatori – descrive il progressivo inserimento di queste pittrici nel mercato internazionale ed il faticoso conseguimento del pieno accesso alla formazione ed alle più importanti istituzioni della città, quali l’Accademia di San Luca e l’Accademia dei Virtuosi al Pantheon“.
In questo processo d’affermazione, Roma si conferma quale luogo d’importanza unica per l’iter d’apprendistato. “La città non è unicamente intesa come luogo di pratica, formazione e mercato – viene chiarito nella presentazione – ma diventa anche personificazione delle tante artiste che, per nascita o scelta, vi hanno lavorato, contribuendo al consolidarsi della sua fama di luogo cruciale per lo sviluppo delle carriere creative attraverso l’età moderna. Il titolo della mostra rimanda alla storiografia sei-settecentesca (a partire dalla Felsina pittrice di Malvasia dedicata a Bologna nel 1678), in un momento in cui le varie scuole pittoriche d’Italia cercano di rivendicare la loro autonomia rispetto all’egemonia fiorentina. Allo stesso modo le artiste, da sempre trascurate dagli studi, rivendicano in mostra la loro presenza nella Roma Capitale delle Arti tra XVI e XIX secolo“.
Il benvenuto all’esposizione lo da l’opera a firma di Pietro Paolini che ha ritratto “l’enigmatica artista” nei primi decenni del XVII secolo. “Dall’identità sinora ignota, la giovane pittrice di nature morte guarda intensamente verso lo spettatore mostrando con orgoglio gli strumenti del mestiere“.
Nella prima sala sono ospitate le tele della bolognese Lavinia Fontana, con esposizione anche di opere inedite o mai esposte finora, tra cui il primo autoritratto su rame. Subito dopo è la volta di Artemisia Gentileschi, con opere attribuite alla sua seconda fase romana, tra cui il dipinto Cleopatra, “esemplato sulla statuaria classica, ma drammatico, sensuale, maturo nella resa della nudità; del decennio successivo L’Aurora, opera dall’iconografia inedita; infine, del periodo napoletano Giuditta e la serva con la testa di Oloferne, riproposizione con toni più tenebrosi di un dipinto del padre Orazio“. Con l’unica opera sinora nota ed a cui l’artista pose la firma come segno di visibilità viene cellebrata la creatività di Giustiniana Guidotti.
Con l’accento posto sul seicento e sulla natura morta, è stata allestita un’intera sala dedicata, ove su tutte spiccano Laura Bernasconi e Anna Stanchi. “Prestito eccezionale dall’Accademia di San Luca un prezioso album con minuziose miniature di piante, frutti, fiori e animali dell’ascolana Giovanna Garzoni“.
Altre due sale vengono dedicate al XVI e XVII secolo ed all’arte del ritratto, ove fra tutte spicca l’unica opera oggi nota a firma di Claudia Del Bufalo che raffigura la sorella Faustina nel suo abito nunziale. Segue un focus sulla grafica, la miniatura ed un faro puntato sulla famosa architettrice Plautilla Bricci, con alcuni prospetti ottocenteschi del suo progetto più rappresentativo, la Villa del Vascello.
A raccontare il percorso artistico di Angelika Kauffmann, pittrice internazionale che si stabilisce a Roma in una casa laboratorio, casa che ben presto diviene circolo d’incontro artistico e punto romano e non solo di riferimento creativo, sono le sue 5 opere maggiori esposte alla mostra con un accento unico.
Non manca poi l’attenzione alla formazione accademica e la celebrazione del successo di vendita, rappresentati qui dalle tele dell’incisora Laura Piranesi e da quelle di altre pittrici, tra cui Élisabeth Vigée, Caterina Cherubini e Maria Felice Tibaldi.
Il racconto attraverso il XIX secolo porta dritto alla ribalta del grande pubblico dei visitatori la consacrazione di molte artiste, autoritratte o raffigurate da altri, come pure cantanti, attrici, salonnière riprese in iconiche immagini che restituiscono la forza e la determinazione di tutte le donne che hanno contribuito ai tanti cambiamenti della società.
Di Emma Gaggiotti troviamo l’anteprima esclusiva del Ritratto di famiglia, oltre alla Venere degli Uffizi e la Sacra Famiglia dei Vaticani, opere conservate nei depositi e appena restaurate. Mentre l’Autoritratto degli Uffizi ha trovato posto solo recentemente nelle sale degli autoritratti del museo (2023).
Nelle ultime tre sale sono esposte opere articolate per temi: soggetti religiosi e di storia, ritratto, e infine paesaggio e natura morta. “Nella Roma del XIX secolo le artiste godono di maggiori libertà che in passato: rispetto ai secoli precedenti le donne che si dedicano all’arte crescono di numero e, in molti casi, si tratta di figure ancora del tutto da scoprire, come Erminia De Sanctis e Virginia Barlocci, di cui si conservano vari lavori nelle collezioni capitoline ma che riemergono anche dal mercato d’antiquariato e che costituiscono un’assoluta novità espositiva“.
Chiude la mostra una mappa, sia esposta che stampata in un agile depliant, per continuare la visita in città, con le indicazioni di tutte le opere di artiste esposte in luoghi pubblici e accessibili. A corredo della mostra anche un ciclo di incontri aperti al pubblico dove verranno toccati altri ambiti disciplinari in cui la presenza delle donne è stata rilevante e ha lasciato il segno nel tempo. Saranno presenti ospiti internazionali, studiosi rinomati nel campo dei gender studies e non solo.