Di: Fabiana Carucci
In vista dell’ormai famigerato appuntamento di Maggio con l’EXPO 2015, l’argomento cibo sta diventando di primaria importanza ed al centro di molte discussioni.
Veniamo da un Era di abbondanza di cibo, mal distribuito tra i diversi emisferi planetari e mal gestito da tutte le differenti culture mondiali. Nel ricco nord ovest della Terra si muore di troppo cibo o semplicemente di mal gestione di esso: nel povero sud est, si muore di fame, di povertà, di scarsa igiene. Alla luce di un futuro in cui la domanda aumenta e le risorse stanno adando verso l’esaurimento dove ci stiamo dirigendo? Quali le prospettive per questo XXI secolo a cui ci siamo affacciati da 15 anni, verso un futuro che presenta ancora un enorme punto interrogativo?
Nel corso dell’incontro per la stampa, in occasione di un corso di aggiornamento per la categoria, L’ENEA (AGENZIA NAZIONALE PER LE NUOVE TECNOLOGIE, L’ENERGIA E LO SVILUPPO ECONOMICO SOSTENIBILE) ha messo a disposizione di noi giornalisti alcuni tra i suoi massimi esperti in costante dialogo con l’eccellenza mondiale del settore.
Se è vero che, a proposito di eccellenza, il made in Italy è sempre sinonimo di qualità massima, ringraziamo l’incontro con gli esperti che continuano a lavorare nel nostro Paese e che, in costante interscambio con il meglio della ricerca mondiale, ci hanno offerto un assaggio del quadro che si presenta al momento, con il futuro che probabilmente ne scaturirà. Farà piacere sapere a chi legge che, silenziosamente e fuori dai riflettori di un’informazione glamour, quanto spesso inutile, c’è chi lavora per dare al nostro Pianeta, alla nostra specie umana ed al resto dei viventi, un futuro, una speranza, un miglioramento, una più equa e corretta, nonchè ecocompatibile esistenza. Così, forse, l’umanità farà pace finalmente con se stessa e con la Terra che gentilmente la ospita, imparando a non comportarsi più come un virus che nell’ambizione di dominare ogni cosa, ogni cosa distrugge e danneggia, bensì a prender cosapevolezza di esser parte di un tutto armonico, per entrare in sintonia col Pianeta e con l’Universo intero a beneficio indiscusso per ogni cosa ed ognuno. Nella speranza di fermare il countdown che ci sta portando verso l’autodistruzione.
MASSIMO IANNETTA, Responsabile dell’ unità tecnica di sviluppo sostenibile ed innovazione del sistema agroindustriale, ha fatto un punto sulla centralità del cibo – la sostenibilità e competitività del sistema agroalimentare.
Ormai è certo che ci saranno circa due miliardi in più di esseri umani da sfamare sul nostro pianeta, in un futuro prossimo venturo. Oggi, nel 2015, siamo circa 7 miliardi e 9 diventeremo intorno al 2050. Il problema fame si pone, considerando che la superficie coltivata sul nostro Pianeta è di circa 1,5 miliardi di ettari. Praticamente, in alcune aree della Terra non c’è più, letteralmente, un cm. in più coltivabile. Si pensi che in Giappone, ad esempio, le colture arrivano praticamente a bordo strada, laddove è davvero stato reso coltivabile tutto quanto si poteva. In sud America poi, si potrebbero recuperare terre coltivabili, così come in Australia, Madagascar etc. ma a scapito enorme del polmone verde del Pianeta che, tra l’altro, continua ad essere, falciato di giorno in giorno, proprio per creare terreno coltivabile e/o edificabile, in alcuni casi. Allora ne vien da se’ che se le terre coltivabili restano le stesse e la popolazione va ad aumentare, il rischio fame è concreto e dietro l’angolo. Una porta d’uscita rappresentano quel 33% circa di terre oggi mal coltivate o sprecate che potrebbero essere recuperate ed ottimizzate come tutto il resto.
Altro discorso è la coscienza alimentare che sta cambiando e, mentre in occidente il veganesimo e una nuova cultura verso una nutrizione più sana ed ecocompatibile allo stesso tempo, sta prendendo sempre più piede, in India e in Cina, si registra un vertigionoso e costante aumento di richiesta carne, latticini e uova. Ne vien da se che a poco vale lo sforzo di una minoranza occidentale verso miliardi di persone che chiedono i prodotti ora proprio messi “sotto accusa” in occidente. L’aumento di consumi di questi alimenti è documentato ed inarrestabile.
Sussiste ad oggi una controversia stabile tra fazioni contrapposte, ognuna delle quali sostiene la bontà della propria scelta, sia in scelta alimentare che di modalità di coltivazione. “Occorre – scrive Iannetta su Energia , Ambiente ed Innovazione, il bimestrale dell’Enea – quindi rimettere al centro delle politiche internazionali il tema del cibo e favorire un processo di sviluppo ed intensificazione delle politiche di ricerca e innovazione, per affrontare una sfida epocale come quella che abbiamo di fronte. Il paradigma da utilizzare è quello della Green Economy in una prospettiva multidisciplinare, un approccio integrato che consideri non solo la produzione primaria degli alimenti, legata all’agricoltura, alla sua trasformazione industriale e distribuzione, ma anche la questione energetica, l’ambiente e il territorio con le sue valenze culturali e sociali, l’alimentazione, la nutrizione e salute, le abitudini alimentari dei consumatori”.
La salinizzazione, la desertificazione, l’urbanizzazione crescente e molto altro, portano a una continua e preoccupante perdita di terre coltivabili.
Alla luce di un quadro non proprio roseeo quindi, non ci si disperi comunque perchè scenziati, ricercatori ed esperti sono alla continua ricerca di possibili soluzioni. Massimo Iannetta, a tal proposito, ha illustrato 5 grandi sfide a cui far fronte per creare una via di miglioramento.
Mantenere inalterate le superfici agricole disponibili.
Aumentare le superfici agricole e gli usi competitivi, diminuendo nel contempo le perdite.
Gestire meglio le risorse.
Adottare modelli ecosostenibli.
Adottare tutti i parametri di rintracciabilità e sicurezza della filiera del cibo.
In un concerto di intenti occorre dunque rivedere l’urbanizzazione, cercando di creare infrastrutture ecocompatibili (come avviene già in alcune parti del pianeta in un piacevole crescendo di presa di coscienza ed apprezzamento) ed escosostenibili, andando anche a valutare ed interrompere l’orribile catena di rischi idrogeologici o di disastri naturali legati alla tipologia di territorio ove si edifica. Da interrompere SUBITO è la deforestazione che è, non solo un’orribile violazione del Pianeta, ma un autogoal a porta vuota per l’umanità che si sta privando del polmone verde. da considerare che, come scrive Iannetta: “la deforestazione è una delle pratiche più distruttive per l’ambiente, di cui, peraltro, raramente beneficiano gli 850 milioni di persone al mondo che soffrono la fame. La maggior parte della terra utilizzata per l’agricoltura nei tropici non contribuisce molto alla sicurezza alimentare del mondo, ma viene invece utilizzata per l’allevamento di bestiame, la coltivazione di semi di soia per il bestiame, legname ed olio di palma”.
Altro step è il miglioramento delle condizioni di stoccaggio e trasporto, fasi in cui si registrano notevoli perdite e sprechi di prodotto alimentare.
Esistono modi di produrre riducendo l’impatto con l’ambiente e molto è stato fatto, ma non ovunque e non per tutti. Qui la sfida si fa ardita perchè deve lavorare sulla cultura e coscienza dei produttori per far capire loro che è quest l’unica strada da percorrere per garantirsi un futuro. Alcuni dati proposti da Iannetta: “Solo il 55 per cento delle calorie del grano prodotto nel mondo nutre direttamente la popolazione; il resto viene somministrato agli animali (circa il 36%) o trasformato in biocarburanti e prodotti industriali (circa il 9%). Per ogni 100 calorie di grano utilizzate per nutrire gli animali, si ottengon o solo 40 nuove calorie di latte, 22 calorie di uova, 12 di pollo, 10 di maiale, 3 di manzo”.
Ancora un passo è la fase della gestione dei rifiuti, onde evitare di vivere in un’ enorme pattumiera. A partire dalla revisione dell’impacchettamento degli alimenti, alle modalità di conservazione, al fine di ridurre gli sprechi, per giungere poi alla fase di smaltimento intelligente del rifiuto, al fine di giungere ad un massi mo riciclo e ad un contemporaneo minimo di smaltimento libero e tossico.
Ecco. A piccoli passi ma svelti, iniziamo con una singola presa di coscienza, che riguarda ciascuno, proprio ciascuno di noi, anche in quei quasi impercettibili comportamenti quotidiani che vanno ad avere un silenzioso ma forte impatto sull’ambiente doive viviamo. Ci stiamo rendendo conto che l’autoavvelenamento dell’umanità va fermato da noi stessi. Ne vale il futuro.