C.S. a cura di G.Gnetti per Zetema
L’installazione “Le tute e l’acciaio”, alla Galleria d’Arte Moderna di via Francesco Crispi dal 1° novembre 2018, invece di terminare il 3 marzo, è stata prorogata fino al 5 maggio 2019.
In “Le tute e l’acciaio”, site specific dello scultore Antonio Fraddosio, l’arte affronta la realtà e in particolare la vicenda drammatica dell’Ilva di Taranto. L’iniziativa è promossa da Roma Capitale, Assessorato alla Crescita culturale – Sovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali con l’organizzazione di Zètema Progetto Cultura ed è a cura di Claudio Crescentini e Gabriele Simongini.
Confrontandosi con i particolari spazi del chiostro-giardino della Galleria d’Arte Moderna, Antonio Fraddosio espone dieci grandi lamiere lacerate e contorte, potenti e misteriose, che richiamano le tute che dovrebbero proteggere gli operai dell’Ilva dai tumori, depositate, al termine del turno di lavoro e prima di andare alle docce, in una specie di camera di compensazione.
Insieme ai cassoni di cor-ten, realizzati come contenitori per le singole opere e che richiamano strutture di edifici o di stabilimenti industriali, l’installazione assume la valenza di monumento antiretorico dedicato agli operai dell’Ilva e alla città di Taranto, una denuncia universale contro tutte le situazioni in cui il diritto al lavoro si guadagna dando in cambio la propria salute, la propria vita.
La netta presa di posizione di Fraddosio è anche quella di un uomo del sud, per di più pugliese di nascita, che ha visto con i propri occhi, tante volte nel corso degli anni, l’impressionante trasformazione di Taranto causata dall’impianto siderurgico dell’Ilva, il più grande d’Europa. Come scrive Gabriele Simongini, in catalogo, in questi sudari di ferro resta l’impronta di corpi umani sofferenti, c’è il senso della morte e della distruzione ma sopravvive una sorta di speranza affidata all’arte, alle sue possibilità catartiche. Nelle lamiere, ciascuna diversa dall’altra, affiorano spesso i colori velenosi, mortali ispirati al manto di ruggine, alla polvere pesante, rossastra, dalle sfumature marroni e nere, che avvolge e soffoca la città colpendo soprattutto il rione Tamburi, a ridosso dell’Ilva.
Nel periodo di esposizione del site specific alla GAM si svolgono numerosi eventi di danza, readings e incontri.
Il volume che accompagna la mostra, pubblicato da La Casa Usher, oltre ai saggi dei curatori e alle foto dell’installazione in situ, conterrà i testi di Michele Ainis, noto giurista e costituzionalista, Giuse Alemanno, operaio all’Ilva e scrittore, e alcuni scatti del reportage “Rosso Tamburi” realizzato dal fotografo barese Christian Mantuano.
Antonio Fraddosio (Barletta, 1951) vive e lavora tra Roma e Tuscania. Fra le sue numerose mostre si segnalano le più recenti: nel 2012 le personali nelle sale di Villa Bottini a Lucca e nello Spazio Cerere a Roma; nel 2016 “Salvarsi dal naufragio. Antonio Fraddosio/Claudio Marini” presentata al Museo Carlo Bilotti – Aranciera di Villa Borghese di Roma. Nel 2011 è stato invitato nel Padiglione Italia della Biennale di Venezia, con la “Bandiera nera nella gabbia sospesa” esposta all’Arsenale.
Per i possessori della nuova MIC Card – che al costo di soli 5 euro consente a residenti e studenti l’ingresso illimitato per 12 mesi nei Musei Civici – l’ingresso alla mostra è gratuito.