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MOSTRE – Roma – Accademia di Francia Villa Medici e “LE NUMEROSE IRREGOLARITA'” di Grosse e Trouvè

4 Febbraio 2018 - ARCHIVIO

Di: Fabiana Carucci

Katharina Grosse e Tatiana Trouvè: eccole le firme creative che hanno deciso di affiancare le proprie diverse visioni del mondo, espresse attraverso le creazioni artistiche in mostra fino al 29 aprile 2018 all’Accademia di Francia a Roma, Villa Medici. 

L’esposizione nasce all’interno del ciclo di esposizione UNE a firma di Mauriel Mayette-Holtz, sotto la cura di Chiara Parisi e vuole favorire anche un nuovo modo di vivere l’arte e la creatività, andando a sposare un ambiente quale Villa Medici, che è già un’opera classica d’eccellenza, con le forme artistiche di due grandi artiste contemporanee.

 

Le Numerose Irregolarità di Grosse e Trouvè è anche l’espressione di un diverso e rinnovato modo di sentire e vivere la creatività degli artisti contemporanei che, come in questo caso, pur avendo due diverse visioni del mondo, riescono a far collimare in modo perfetto questa netta opposizione di visioni e sensazioni.

Ad accogliere l’osservatore subito la firma artistica delle due autrici che si presentano chiaramente.

In apertura ci sono le sculture della Trouvè, “Somewhere In The Solar System e The Great Atlas of Disorientation”, realizzate nel 2017 ad evocare forme di capanne rappresentative delle migrazioni d’ogni tempo, a firma di una stagione in cui l’umanità sente molto il tema della migrazione e del movimento e, parallelamente, l’estremo bisogno di stabilità e punti di riferimento ed in contrasto il profondo disorientamento di quest’epoca.

In questo clima, “From 2002 to 2016” presenta un’opera composta da un assemblaggio di saponi di bronzo, collegati ciascuno ad una mostra frutto del lavoro di diverse persone nello studio dell’artista che danno vita ad un’unica opera pronta per l’esposizione finale. Le capanne bronzee  vanno così a formare proprio un lavoro che, “in qualche modo è il risultato condiviso da molte mani” e di un’estro creativo di gruppo.

In netto contrasto ed un altrettanto netto perfetto dialogo la tela di seta dipinta, “Senza Titolo” (2013/2018), della Grosse che eterea e mossa dalle folate di vento naturali, mostra una visione diversa dello stesso mondo.

Immediatamente una nuova forma espressiva aspetta il visitatore che incontra le Notes on sculptures, September 15th, “Jill” 2016 e “Peter” 2016, in perfetto dialogo con la “Seta Dipinta Senza Titolo” (2013/2018), a far da specchio in quanto è nella prima sala.

Ingres Wood (2018) è l’opera d’impatto di Katharina Grosse che così decide di far vivere una lunga scalinata d’ingresso, celebrata da una tela colorata che la ricopre e da un’enorme opera nata da tronchi abbattuti e fatti rinascere a nuova vita da un gioco di colori che parla e racconta di una sensazione forte e viva; una sensazione che sa di continuità e di rinascita in cui passato, presente e futuro s’intrecciano in un solo cammino. “L’aver usato un pino secolare, fatto piantare proprio all’interno del giardino di Villa Medici ad inizio 1800 e di recente abbattuto per motivi di malattia della pianta è stato ancor più emozionate – afferma l’artista che prosegue spiegando che ciò – ha conferito ancor più sentimento a quest’opera, la quale ha richiesto due parti precise di realizzazione: la fase preparatoria in cui una parte di giardino è stata installata lungo l’imponente corridoio d’ingresso e la seconda in cui ho colorato l’opera seguendo l’istinto e l’ispirazione del momento, laddove è il colore che da struttura e forma all’opera, è il colore che permette di cambiare la struttura della materia prima e farla rinascere a nuova ed immortale vita“.

La morbidezza di realizzazioni a firma Trouvè, accompagna in netto quanto pefetto contrasto, il visitatore, che così volteggia tra opere quasi eteree, che sembrano salutare in dolcezza chi si è voluto regalare un momento di arricchimento dell’anima.

Le “Wonder Lines (2016) e “Les Indéfinis” (2017) di Tatiana Trouvè che tramite le lunghe aste di metallo segna un percorso di “erranza nello spazio” mentre, con “Les Indéfinis” da vita a opere tormentate, alla continua ricerca di una definitiva ed impossibile collocazione decisa, all’interno dell’opera.