Di: Fabiana Carucci
I recenti fatti di cronaca, uno avvenuto a Napoli il 05 luglio 2014 al Condominio in via Toledo e quello più recente del 21 gennaio 2016 a Roma sul Lungotevere Flaminio, in merito al crollo di palazzi, hanno fatto puntare l’attenzione sulla presunta non correttezza d’esecuzione dei lavori di ristrutturazione, in essere in alcuni appartamenti degli stabili in questione.
In materia di lavori di ammodernamento dei singoli appartamenti posti in una comproprietà, partiamo proprio dalle regole che vigono in un Condominio. Una prima distinzione da fare riguarda la differenza fra Regolamento contrattuale e Regolamento assembleare.
Il Regolamento contrattuale viene stabilito fin dall’inizio dall’originario unico proprietario dell’immobile o dal costruttore e viene riportato sempre in ogni atto d’acquisto dei singoli appartamenti (si veda in merito quanto disposto in Cassazione 17/10/1959, n. 2933). Con questo si vincolano espressamente tutti i proprietari presenti e futuri. Da specificare che, comunque, essendo il Regolamento contrattuale la stipula di un accordo fra due parti contraenti, non può essere opposto a terzi estranei ad esso (quindi a persone diverse dai comproprietari del Condominio), in quanto trattasi di un contratto a tutti gli effetti, vincolante per sua natura solo tra chi lo stipula. Vi è però un’eccezione, ossia il caso in cui il Regolamento contrattuale venga TRASCRITTO NEI PUBBLICI REGISTRI IMMOBILIARI. Definisce meglio in proposito la Cassazione con sentenza n. 2546 del 17/3/1994.
Il Regolamento assembleare è invece prodotto all’interno di un’assemblea costituita fra i comproprietari, con atti approvati a maggioranze definite per legge, come da art. 1136 comma 2 del codice civile. La delibera assembleare diviene vincolante, dal momento della sua emanazione, per tutti i condomini approvanti che sono quindi tenuti ad osservarla. La stessa però non vincola obbligatoriamente eventuali futuri proprietari che potrebbero opporsi ed impugnare, qualora la delibera sia un’eccezione (seppur consentita e prevista) alla vigente legislazione in merito. Questo perché tali ricorrenti non sono tra quelli che hanno approvato a suo tempo la delibera in questione e quindi non possono essere definiti contraenti della stessa ed obbligati al rispetto della convenzione stipulata fra i condomini deliberanti illo tempore.
La distinzione fra le due tipologie di regolamento emerge soprattutto in caso di delibera assembleare che riguardi non solo l’uso delle parti comuni, ma anche l’imposizione di limiti d’uso o destinazione con riserva d’esclusività di una parte della comune proprietà. Mentre infatti queste ultime limitazioni possono essere previste nel Regolamento contrattuale e rese note in origine al momento della sottoscrizione di ogni atto di vendita, NON possono essere deliberate in assemblea condominiale.
CONTROVERSIE E MALUMORI
Qualora sorgano controversie legali fra il ristrutturante ed il Condominio, va immediatamente sottolineato che è competente il Foro ove è ubicato l’immobile in questione e che in materia vale quanto disposto dall’art. 23 del codice di procedura civile. La nuova riforma in vigore dal 2013 ha reso a tutti gli effetti OBBLIGATORIO il tentativo di Mediazione Civile, prima di procedere con una causa. E’ competente in merito il Mediatore assegnato nella zona d’ubicazione dell’immobile, così come da registri consultabili ed approntati dal Ministero di Giustizia. In sede di conciliazione il Condominio è rappresentato dall’amministratore, previa delega dell’assemblea con votazione a maggioranza dei presenti che devono comunque rappresentare almeno la metà del valore dell’edificio. Sarà poi compito dell’amministratore riferire in assemblea e ricevere disposizioni tramite votazione, dalla stessa maggioranza, prima di dare accettazione o diniego motivato della proposta di mediazione.
In materia di ristrutturazioni di appartamenti in un Condominio, le fonti più frequenti di litigio derivano da 2 principali fattori
1) Abuso edilizio e lavori non comunicati o non eseguiti a regola d’arte.
Tutte le opere che il singolo condomino intende eseguire nel proprio appartamento, ivi compresa l’installazione di impianti ad energia rinnovabile, devono essere presentati con un piano preciso che indichi anche l’inizio e la fine dei lavori e NON DEVONO IN NESSUN CASO arrecare danno all’edificio, soprattutto in termini di stabilità e di violazione architettonica. E’ buona abitudine e cortesia in ambito di pacifica convivenza, dare avviso all’amministratore dell’inizio del rinnovamento, presentando appunto il suddetto piano visionato e firmato dal Responsabile dei lavori.
Il PROPRIETARIO CHE INTENDE ESEGUIRE LAVORI NON E’ VINCOLATO A NESSUNA RICHIESTA DI AUTORIZZAZIONE DA PARTE DEL CONDOMINIO, anche se deve sempre osservare quanto riportato dall’art. 1122 del codice civile: “Ciascun condomino, nel piano o porzione di piano di sua proprietà, non può eseguire opere che rechino danno alle parti comuni dell’edificio”. Deve invece presentare una relazione tecnica firmata ed approvata da un Responsabile del lavoro, nonché depositata presso il municipio di appartenenza. La presentazione della relazione tecnica può essere presentata dal ristrutturante ma anche richiesta da ciascun altro condomino, che può segnalare all’amministratore la presenza di lavori non dichiarati, chiedendogli poi di accertarsi dell’esistenza della suddetta relazione tecnica, al fine di verificare che non ci sia in essere un pericolo incombente per l’intero Condominio.
Tuttavia, secondo buonsenso e per favorire una pacifica e civile convivenza, è auspicabile che sia dato avviso spontaneo di inizio lavori dal ristrutturante stesso all’amministratore, con presentazione della suddetta certificazione. Sarà quindi cura dell’amministratore, debitamente informato, riportare poi la comunicazione in sede d’assemblea. Qualora si tratti di opere atte all’installazione di impianti, quali ad esempio pannelli solari, con occupazione sul tetto condominiale, La delibera deve essere approvata a maggioranza dei presenti, per un totale di almeno 2/3 del valore dell’edificio.
Una particolarità riguarda la richiesta da parte di inquilini degli ultimi piani di procedere con ulteriori elevazioni. In questo caso, oltre alla suddetta Relazione tecnica, va anche presentata opportuna documentazione attestante che tale intervento non comporterà alcun danno alla stabilità dell’edificio stesso, al suo decoro architettonico, ne’ agli altri condomini, con particolare attenzione alla possibilità di privazione o limitazione di aria o luce. Chiarisce in merito l’art. 1127 del codice civile che chiama l’assemblea riunita ed informata, a deliberare con maggioranza dei presenti in rappresentanza di almeno i 2/3 di tutti i comproprietari. Potrebbe inoltre essere previsto un eventuale indennizzo, calcolato sulla porzione di lastrico solare condominiale che andrebbe ad essere interessato. L’obbligatorietà è ribadita e rafforzata nella riforma in vigore dal 2013, con cui il D.L. 69/2013 ha modificato il precedente Decreto Lgs. 28/2010, bloccato a suo tempo dalla Corte Costituzionale, con sentenza n. 272/2012. La recente riforma dispone che ogni opera, ad esempio su terrazzi e balconi condominiali, che prevede l’installazione di strutture se movibili, in legno o simili quindi, NON DEVE ESSERE SOTTOPOSTA AD ALCUNA AUTORIZZAZIONE PREVENTIVA O APPROVAZIONE DA PARTE DEL CONDOMINIO. Questo perché la sua natura di installazione NON PERMANENTE non va ad intaccare l’originaria struttura o a creare modifiche definitive.
Diversa è la questione dell’ampliamento di appartamenti con verande chiuse, poiché trattasi qui di un ingrandimento permanente, il quale comporta anche una modifica della sagoma esistente ed amplia la metratura dell’appartamento. Ecco perché in questo caso si parla di una NUOVA COSTRUZIONE a tutti gli effetti che necessita di un’apposita autorizzazione comunale. In merito può esser consultato il Testo Unico dell’Edilizia, art. 3, come anche il DPR 380/2001 art. 3. Va quindi richiesto un Permesso di Costruzione o una DIA/SCIA, prima di procedere. Il tecnico incaricato deve infatti verificare ed escludere l’esistenza di eventuali pericoli per la stabilità dell’edificio, nonché la permanenza di cubatura rimanente sufficiente. Inoltre non può sussistere contrasto con il Piano Casa, né deroga al Piano Regolatore e che tutto deve essere in linea con il Regolamento Edilizio del Comune. Al termine dei lavori, andrà fatta invece presentazione della nuova planimetria dell’appartamento così modificato, con anche la variazione catastale e di rendita, presentate ed approvate dall’Agenzia delle Entrate. Le sanzioni previste per chi commette abuso edilizio e procede senza osservanza di tali norme, prevedono sia una multa fino a 20.000,00 euro, che una pena detentiva fino a 2 anni di reclusione, così come disposto dagli articoli 31 e 44 del DPR 380/2001.
2) Impedimento illegittimo al ristrutturante da parte del Condominio.
Iniziamo col sottolineare che è in atto una politica d’incoraggiamento per l’ammodernamento del proprio appartamento, a favore di una nuova coscienza eco-ambientale e di un risparmio in termini economici e di consumi, individuali e collettivi. Ecco perché da tempo è in vigore un sistema di sgravi fiscali. In proposito, le aliquote di detrazione IRPEF, in materia di ristrutturazione e riqualificazione, (ma anche per acquisto di elettrodomestici ed arredi) per gli immobili, in regime di lavori edilizi agevolati, sono state confermate fino al 31 dicembre di quest’anno dalla Legge di Stabilità 2016.
In caso si stiano eseguendo lavori nella propria porzione di proprietà condominiale, va detto che sempre e comunque (ma qui entriamo anche nel comune buonsenso ed educazione) si dovrebbe far in modo di mantenere la pulizia delle cose comuni; pertanto a fine giornata lavorativa occorre provvedere a rimuovere dagli spazi condominiali, in special modo, scale, ascensori e corridoi di passaggio, eventuali rimanenze di calcinacci, detriti e simili. Ricordiamo l’obbligo di osservanza delle corrette procedure di smaltimento rifiuti speciali. In materia si consulti il Decreto 2006 n°. 186.
il Regolamento Condominiale è uno Statuto vincolante per tutti i condomini, come da art. 1138 del codice civile, con cui si stabiliscono, tra l’altro, le regole d’uso delle cose comuni e le norme a tutela dell’edificio e dell’amministrazione, la ripartizione delle spese, nonché i diritti e doveri di ciascun condomino. In esso sono regolate le normali attività dei comproprietari, soprattutto riguardo la gestione del bene comune tra cui le scale e gli ascensori.
Da sottolineare che le varie proprietà sono divise in quote di differenti entità; questo sottolinea la diversità con lo stato di comunione di beni, disciplinato invece dall’art. 1106 del codice civile. E’ indubbio che, anche nei condomini ove vigono i rapporti più amichevoli, in caso di lavori di ristrutturazione in un appartamento, ci sia sempre chi manifesta contrarietà e perplessità, particolarmente per l’uso delle scale e/o dell’ascensore da parte degli operai incaricati, al fine di trasporto materiali. In alcuni casi si arriva perfino ad impedire tale uso ma, è legittimo questo? Decisamente NO. Spieghiamoci: se l’utilizzo dell’ascensore e delle scale rispetta la capacità di portanza ed i limiti previsti per legge, non crea danni e non va ad inficiare l’utilizzo da parte degli altri condomini, secondo quanto previsto dal d.p.r. 162. NON SI PUO’ porre divieto d’utilizzo per il suddetto trasporto, a pena di condanna del condominio stesso, che diviene reo nei confronti del singolo ristrutturante per averlo privato del suo diritto di utilizzo.Chiariscono meglio in proposito gli art. 1100, 1101 e 1102, del codice civile.
Altro nodo cruciale in tema di lavori in appartamenti è il rumore prodotto. Nulla può esser contestato a chi esegue lavori negli orari previsti per legge. Si può consultare il Regolamento Comunale in merito, ma anche quello condominiale. Vigono qui orari prefissati per legge, (in genere dalle 8 alle 20, con rispetto orario di riposo a metà giornata). Ogni condomino può richiedere il rispetto di tali orari e, qualora ritenga di essere inascoltato o di subire un danno, procedere con querela o denuncia, ai sensi dell’art. 659 del codice penale,. Da sottolineare che, affinché sussistano gli estremi per il riconoscimento di un danno oggettivo, va rispettato il principio per cui il rumore deve causare disturbo ad un numero indeterminato di persone.
Al ristrutturante sarà utile conoscere quanto disposto dalla Cassazione, con Sentenze 19 ottobre 1998 n. 10335 e 19 ottobre 1998 n. 10335, in merito alle modifiche di destinazioni d’uso. “ (…) In materia di condominio negli edifici, l’autonomia privata consente alle parti di stipulare convenzioni che limitano il diritto dominicale di tutti o alcuni dei condomini sulle parti di loro esclusiva proprietà, nell’interesse di tutto il condominio o di una sua parte, e che vietano, in particolare, a tutti o ad alcuni dei condomini di dare alle singole unità immobiliari una o più destinazioni possibili, ovvero li obbligano a preservarne le originarie destinazioni per l’utilità generale dell’intero edificio, o di una sua parte”.
In caso di nuove costruzioni, si veda la Cassazione con la sentenza n. 26055/2014, in cui sono si citati casi di impedimento per incompatibilità con decoro architettonico e quant’altro, ma vi è anche il rimando all’IMPOSSIBILITA’ DI IMPEDIMENTO, qualora l’edificio stesso sia già compromesso da altri manufatti o altresì alterato. L’art. 1222 del codice civile regola in materia di danno e pregiudizio al decoro dell’edificio e sottolinea, tra l’altro, come una veranda che non sporge dal balcone può essere posta in essere senza possibilità d’impedimento da parte del Condominio.
In materia regolano anche gli art. 1120, 1121, 1117 ter. del codice civile.