di: Giorgia Sbuelz
Giuseppe Cusano: ci viene subito da chiedere se per caso nel suo albero genealogico non compaia anche l’illustre filosofo Niccolò, ma Giuseppe subito smentisce. A quanto pare sembra sia stata la domanda più frequente dai tempi della scuola. Dunque un ragazzo le cui aspettative nel campo delle scienze umanistiche erano molto alte, che invece ha deciso di imbracciare una chitarra e darsi parecchio da fare. Una laurea in archeologia, comunque, ha pensato bene di portarsela a casa.
Scelta interessante: musica rock, molto rock e la conservazione del patrimonio artistico. Giuseppe spiegaci il passaggio.
In realtà ho cominciato prima con la musica al liceo. Ho imparato a suonare la chitarra classica a 17 anni, poi l’indirizzo artistico è arrivato più tardi, con la scelta del percorso universitario. Non ho mai accantonato la musica, ma la mia prima professione riconosciuta è stata quella dell’archeologo. Mentre, curiosamente, adesso sono principalmente un musicista!
Come si è imposta quindi la musica nella tua vita?
La musica è stata una presenza costante nella mia vita, sono nato nel 1972 e per questo ho goduto in pieno del periodo Bee Gees, o Van Halen per esempio. Ho memorie di lunghi pomeriggi ascoltando John Lennon e la tanta buona musica dell’epoca. La molla è scattata con Mark Knopfler dei Dire Straits, mi sono detto “voglio cominciare a suonare … e seriamente!” . Forse per volontà di emulazione, ho scelto di suonare la chitarra influenzato da queste grandi personalità, da lì non ho più smesso.
Erano gli anni in cui si stava affermando il genere “Metal” ed immagino tu ci sia passato attraverso…
A dire il vero con le mie prime band abbiamo suonato molto hard rock inglese, i classici per intenderci. Led Zeppelin, Deep Purple, Black Sabbath. Di quest’ultimi avevamo una cover band.
Poi sono arrivati i Metallica e sì, molto heavy metal. Diciamo che queste sono state le mie radici musicali, il mio approccio. Negli anni poi, come è naturale, sono arrivate le spaziature e nuovi percorsi. Lo studio della musica, a parer mio, è dinamico. Bisogna esercitarsi e confrontarsi costantemente, sperimentare ed evolversi.
Come porti avanti attualmente il tuo studio?
Continuo imparando i pezzi dei grandi della musica. Scopro così nuovi modi per rapportarmi allo strumento, nuove tecniche. Mi piace però, nell’esecuzione di brani di altri, mettere del mio, contribuire e caratterizzare. Del resto mi piace comporre.
Come definiresti il tuo stile?
In una parola: “Rock”.
Un archeologo con la chitarra elettrica. Parliamo della tua laurea. Che fine ha fatto il Giuseppe archeologo?
Ho lavorato come archeologo, ma per il momento ho sospeso l’attività. Purtroppo quello dell’archeologo è un mestiere dove si riscontra tutta una serie di difficoltà legate all’attuale situazione di crisi in cui verte tutto il paese.
Ti è rimasta comunque una sensibilità artistica e culturale…
La particolarità dell’archeologia è che tutto quello che trovi ha un valore, anche l’oggetto più minuto o insignificante è rilevante per documentare la storia del luogo. Questo è un atteggiamento che permane nell’archeologo, anche se personalmente nel tempo ho sviluppato un interesse maggiore verso la pura espressione artistica e la bellezza insita in essa. Mi piace più il messaggio dietro l’opera d’arte che il momento storico che testimonia.
Tornando alla musica, ad oggi quali sono i tuoi impegni?
Sto portando avanti più progetti parallelamente. Con il cantautore italo-finlandese Kari Rummukainen abbiamo messo in piedi un duo acustico, eseguiamo pezzi inediti pop-rock, ma non vogliamo essere identificati in un genere specifico. Nelle ultime tournée con Kari il riscontro è stato decisamente positivo, anche per le collaborazioni con altri artisti e per la produzione discografica che ne è seguita.
Insegno poi chitarra moderna all’Isola dell’Arte, un’associazione che promuove eventi artistici e culturali e che ha una buona scuola di musica. Con gli allievi che ne fanno richiesta approfondisco di più la tecnica legata all’espressione rock e metal. Nella stessa scuola suono in un gruppo soul, i Love Dreamers.
Ultimamente il mio impegno maggiore è per la serie di live interamente dedicati alla musica del mostro sacro della chitarra Joe Satriani, impegno ampiamente premiato dai consensi.
Altre esperienze significative e formative?
Per anni ho suonato con i Chronoclone, una band dal sound hard rock con forti venature dark. Ho composto molto con i Chronoclone, per questo li considero un pilastro della mia formazione professionale.
Chi sono i virtuosi della chitarra a cui ti sei ispirato all’inizio e che ancora oggi ti influenzano?
Tra quelli storici Tony Iommi dei Black Sabbath: un chitarrista dalla fortissima personalità che sai riconoscer dopo due note, e che comunque in parte ha indirizzato le mie prime composizioni. Poi ci sono quelli che ancora studio, come Joe Satriani e Gary Moore. Ci sono anche quelli che non mi hanno influenzato ma ispirato, abbiamo già parlato di Mark Knopfler. Questi i primi che mi vengono in mente.
Dal tuo punto di vista quali sono le difficoltà di chi vuole fare il musicista e quali sono invece quelle di chi vuol fare l’archeologo?
Sono delle difficoltà che hanno una matrice comune, quella della cultura. C’è una scarsa considerazione del valore attribuito alla cultura, che sia legata al mondo delle arti o dello spettacolo. La pecca, a parer mio, sta nel tagliare completamente fuori dal discorso di ripresa economica l’incremento che invece apporterebbe il settore culturale in un paese come l’Italia. La cultura può anche generare business se valutata a dovere. Ma sempre più spesso viene accantonata. Basti pensare ai grandi compositori italiani del passato che vengono eseguiti ancora oggi in ogni parte del mondo, la storia immensa di cui facciamo parte, presente in ogni angolo del nostro Paese. Mi domando come sia possibile non provare a rilanciare il preesistente che merita e investire proponendo del nuovo.
La tua valutazione del presente in ambito musicale?
Non posso negare che il panorama sia piuttosto asfittico. Fermo da anni sugli stessi errori. Ma mi voglio portare fortuna e ne voglio portare anche ad altri che lavorano con impegno nel settore cercando risultati che restino davvero. Penso che la presa di coscienza sia in atto, quindi mi auguro che il cambiamento sia alle porte.