di: Fabiana Carucci
Presentiamo Vittorio Merlo e la sua storia al nostro pubblico.
Sono nato e cresciuto a Milano ma da ormai vent’anni abito in Lussemburgo, dove lavoro come bibliotecario per la Corte di giustizia europea. Mia moglie è tedesca e abbiamo cinque figli tra i 20 e gli 8 anni. Riesco a coniugare la mia attività professionale e una così grande famiglia con la musica, grazie alla passione che mi spinge e mi stimola a cercare nuove strade ed esperienze. Ho la fortuna di fare cose che mi interessano e quindi di sentire meno la fatica.
Mi definisco un cantautore-cantastorie, perché le mie canzoni raccontano le storie e le emozioni che mi colpiscono e coinvolgono. I testi sono importanti quanto la musica e spero lascino il segno senza scivolare via all’ascolto, diciamo che il mio intento è di fare dell’intrattenimento intelligente.
Quando e come emerge la tua vena artistica?
Mi è sempre piaciuta la musica sin da bambino, uno dei miei regali più graditi da bambino fu un 45 giri di Gianni Morandi “Notte di Ferragosto”. Ho cominciato poi a scrivere canzoni a 15-16 anni seguendo l’esempio dei cantautori dell’epoca come Francesco De Gregori, Enzo Jannacci, Lucio Dalla, Francesco Guccini. Mi attirava molto l’idea di poter dire e raccontare qualcosa che avesse un senso cantando. All’inizio strimpellavo la chitarra poi mi sono avvicinato al pianoforte che ancora adesso utilizzo nei concerti, a volte con l’armonica, per presentare le mie canzoni. Stare su un palco da solo è sicuramente impegnativo ma se il pubblico è quello giusto, si creano un’atmosfera e un’intesa che regalano tante belle emozioni.
Le tue canzoni, accompagnate da filmati d’epoca, sembrano quasi dei mini corti cinematografici; come se il suono e le immagini siano legate indissolubilmente. Sta forse emergendo una nuova forma artistica che lega due diverse espressioni creative?
Io spero che le mie canzoni abbiano una loro vita musicale indipendentemente dai video. E’ vero però che nell’utilizzo dei video cerco di non essere banale e di trovare delle forme espressive che valorizzino ancora di più testo e musica. Alcuni dei miei video sono professionali, realizzati dal film maker Giuseppe Baresi, mio amico dall’infanzia, che ha collaborato con Nanni Moretti, Soldini, Gabriele Salvatores e altri. Di Giuseppe Baresi su YouTube si possono vedere i video di “Ho sognato Bruno Vespa” (un incubo ovviamente) di “Ferrari” (una vera canzone d’amore per un’auto!) e di “Non voglio che amore”, versione italiana di Aicha. Recentemente ho cominciato a realizzarne alcuni io stesso, come quello del mio brano attualmente in promozione “Avrei bisogno di parlarti”, nel quale ho recuperato il filmato in formato 8 millimetri, del 1953, in cui si vede il matrimonio dei miei genitori e l’ho montato insieme ad alcune riprese di un mio concerto in Lussemburgo e ad alcune foto d’epoca di quando mio padre era giovane. E’ stata un’esperienza particolare e molto emozionante ed effettivamente il risultato è una specie di cortometraggio in cui alla musica e al testo della canzone si aggiungono la dimensione visiva ma anche quella temporale. Anche il video di “Buongiorno Buonasera”, canzone dedicata al Mediterraneo realizzata nel 2013 con la collaborazione di Riccardo Zappa, l’ho realizzato in famiglia, facendo scorrere davanti alla videocamera delle cartoline d’epoca provenienti dalle zone del Mare Nostrum descritte nella canzone.
Come percepisci la visione estera della nostra avanguardia artistica? Mi riferisco al tuo soggiorno lussemburghese.
La musica italiana all’estero è un po’ quella che ci si aspetta: melodica, piacevole all’ascolto, mainstream. Se ascolti una radio lussemburghese, tedesca, francese o belga, quando capita un italiano si tratta di Laura Pausini, Nek, Eros Ramazzotti, Zucchero, Gianna Nannini e nient’altro… Tutta musica di qualità certamente ma nessuna sorpresa. Anche fenomeni di successo esteri come Paolo Conte o Gianmaria Testa in radio non li senti. Del resto lo stesso fanno le radio italiane, tutto il mondo è paese. Ormai se vuoi ascoltare qualcosa di non omologato devi cercartelo da solo in rete, e non è poco, perché prima, parlo di 20-30 anni fa, c’erano solo le radio pirata o il passaparola e le musicassette che alla terza copia diventavano quasi inascoltabili.
5) Quali passi artistici sta per muovere Vittorio Merlo?
Io ho allo stesso tempo la fortuna e la sfortuna di non essere un musicista professionista, nel senso che non mi guadagno da vivere e non mantengo la mia famiglia con la mia attività musicale, del resto con cinque figli, dovrei essere Vasco Rossi per riuscirci… Dico la sfortuna perché devo trovare i miei tempi musicali nei ritagli extra lavorativi, e dico la fortuna, perché posso decidere in completa autonomia e libertà i miei tempi, i contenuti e le forme espressive delle mie canzoni. Adesso è appena cominciata la promozione di questa canzone con il suo video, “Avrei bisogno di parlarti”, alla quale tengo molto perché è ispirata dal ricordo di mio padre, che è stato un grande modello di comportamento etico e sociale per me. Questa canzone è stata pubblicata nel 2005 nel mio primo CD prodotto da Vince Tempera ma allora rimase un po’ in disparte. Poi mi sono accorto, nei concerti, che ogni volta che la cantavo si creava un’atmosfera magica e quasi di complicità con il pubblico, come se cantassi la canzone per il padre di molti di quelli che mi ascoltavano e non solo per il mio personale ricordo. Tornando in Lussemburgo lo scorso autunno mi ricordai di quel filmato del ’53 che mio padre mi aveva dato e mi venne l’idea di questo videoclip e di conseguenza di ripromuovere questo brano sempre attuale che non ha data, non ha scadenza, perché è scritto e cantato con il cuore.
Per il futuro meno immediato vorrei continuare la mia collaborazione con Riccardo Zappa, che è il miglior chitarrista acustico italiano, e conto di registrare presto due mie brani inediti con i suoi arrangiamenti e le sue magiche chitarre da proporre nel corso del 2014.
– foto per gentile concessione dell’autore-